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Acton Bell
Acton Bell
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Concetti chiave del capitolo Empty Concetti chiave del capitolo

Mar Mar 12, 2024 10:58 am
Nel post che segue ho riassunto in qualche modo il capitolo per chi non ha avuto modo di accedere ancora al libro o per chi ha avuto difficoltà a relazionarsi al testo. In questo spero di fare cosa gradita al lettore, anche se non so quanto io possa avere reso giustizia all’autore. Sono presenti delle  piccole “interpolazioni” nel momento in cui mi son trovata a tentare di spiegare alcuni concetti, evitando di scendere in inutili tecnicismi che potessero far perdere il senso di quanto comunicato. Per tutti questi motivi, l'aspetto di quel che segue è quello degli appunti e non del commento estetico.

Capitolo 1: “Chi fischia a bordo della nave attira le tempeste”

Il dominio sulle “vite” degli altri è un’idea molto più accattivante del domino sulle “cose”: subentra, infatti, una componente psicologica, ovvero quella della sopraffazione dell’altro.
Il dominio sulle vite si manifesta nella sua capacità di incidere sulla carne viva dell’uomo e cioè nel quotidiano, nei suoi comportamenti, nelle sue abitudini. E l’esercizio di tale dominio assume la connotazione di ricatto, tanto sommesso quanto pesante: puoi continuare a mantenere questo stile di vita a condizione che tu faccia questo e quest’altro. Di qui la domanda: “Fino a che punto sarai disposto a spingerti per difendere il tuo stile di vita? A cosa sei disposto a rinunciare? A quanto sei disposto a rinunciare?”.
Occorre porre un limite, perché non si può andare avanti all’infinito.

Le radici della distorsione sono da rintracciarsi nell’Illuminismo (e in ultimo in Sade*). L’idea era ed è ancora quella della riprogettazione dell’uomo, basata sull’arrogante presupposto di sapere che cosa è meglio per tutti (naturalmente senza interrogare i tutti) perché l’uomo, così com’è, non andava bene. Serviva la propaganda illuminista per rafforzare l’idea del “Nuovo Uomo” e per coprire così il suo iter meccanico che, in quanto tale, si avvia nella più completa indifferenza. Lo scopo è la creazione del Transumano e l’azzeramento di ogni scomodo limite. L’immaginazione al potere, di fatto, tende all’infinito e continua linearmente imperterrita ad auto-superarsi, non essendo mai soddisfatta e dovendo superare sempre ogni traguardo conseguito.

* Sade è un esempio per cui l’idea di superamento si affaccia anche nella sfera privata del piacere. La canalizzazione dell’istinto, però, non può essere ubiqua (e dunque illimitata): questo è il motivo anche lui finirà col servirsi della sopraffazione. (Nel caso del marchese è sessuale; nel caso di Charlus nella “Recherche”, invece, essa avviene attraverso l’eristica). La sopraffazione comporta il consumo dell’altro, l’uso dell’altro e dunque la derivazione che l’altro sia consumabile, usabile, trasformabile da soggetto in oggetto.

La cosa ha potuto aver luogo a causa della distruzione dei seguenti avamposti:
la FAMIGLIA, grazie anche alla canalizzazione ubiqua dell’istinto. Ogni desiderio è stato autorizzato e legittimato. Avendo favorito la visione dell’altro come oggetto in un rapporto di consumo, tutto diventa mercato, uno scambio, un “do ut des” (io do affinché tu dia). Il rapporto è d’interesse.
- la LIBERTÀ INDIVIDUALE, ovvero la possibilità di compiere le piccole scelte quotidiane o anche scelte di altro tipo. Purtroppo, spesso la scelta si trova ad essere guidata: ne abbiamo avuto un assaggio con i ricatti del vaccino o domande del tipo “Pace o Condizionatori?”. In questo caso si è trattato di un errore della politica, la quale dev’essere considerata solo come una maniera per passare da una condizione ad un’altra. Idealizzarla è dunque un errore.
La transvalutazione dei valori è occorsa creando dei valori con un diverso status ontologico: in parole povere, di qualità più bassa. Una sostituzione che non può dirsi neanche tale perché l’originale rimane l’originale.

Cosa possiamo fare noi?
- Non berci quello che ci propinano e, dunque, non facilitare loro il lavoro. Si tratta di una forma di resistenza passiva, in un certo modo. (Es.: Il debito non è ripagabile: si tratta di un finto circolo vizioso perché è il debito stesso ad essere finto, essendo basato su una bolla. Dunque esso è irreale. Anche la moneta, sganciata dai beni, dal lavoro, dalla prospettiva futura di produzione, è diventata astratta e, dunque, noi non possiamo controllarla. Al contrario, il contadino, nietzscheanamente “fedele alla Terra”, produce cose reali.)
- Estinguere il brutto dalla vita e rifugiarsi in una bellezza nascosta in modo da preservare il proprio stato d’animo. Tutto questo è possibile coltivando il DISSENSO, il pensiero critico, ed optando per ogni scelta che possa allontanare un controllo da remoto.
Il tema del “progresso”, vessillo della Terra Ostile, presenta di per sé dei problemi: tre, nella fattispecie.

1) Il paradosso intrinseco: “Tutto può essere superato fuorché il progresso stesso – che è insuperabile”. TRUFFA DEL MATERIALISMO DIALETTICO
2) Il progresso, per avanzare, deve necessariamente distruggere, come nel caso di una qualsivoglia rivoluzione. NICHILISMO
3) Il progresso non ha risolto i reali problemi dell’uomo: ha solo fornito un palliativo. Figuriamoci quelli esistenziali.

Inoltre il progresso, proiettato linearmente in avanti e all’infinito, non contempla e non può contemplare la possibilità di fallimento, proprio perché da principio abolisce ogni limite. Esso ci ha di fatto condannati a diventare schiavi: è una nuova Schuld (la colpa, l’essere diventati debitori) che si perpetua come il peccato originale. Ha portato il caos perché i punti di riferimento sono saltati;  in realtà, tutto era funzionale all’instaurazione di un nuovo ordine. Se un tempo era possibile vivere una vita contemplativa; ora non lo è più. L’anarca* si trova a combattere su un fronte globalizzato, soprattutto ora che c’è il digitale. Il fronte non è più materiale, geografico.
(Anarca = Il riferimento è a Ernst Jünger, dove “anarca” non coincide con “anarchico”, bensì vuol dire “colui che è libero dal potere e che, in sostanza, è uno spirito libero”).

Quali sono le soluzioni che si prospettano dunque?
- Passare al bosco;
- Ripristinare i riti;
- Sapere che il lavoro è un male necessario – tranne per chi ci si realizza;
- Recuperare il senso di appartenenza.

La conseguenza della rivoluzione industriale è stata l’organizzazione produttiva della vita: questo concetto è ben permeato in Lenin che, però, si è ritrovato in aperta contraddizione con le teorie marxiane (l’alienazione, la vita invivibile). Tra le altre cose, Marx era pure (erroneamente) convinto che, essendo le risorse infinitamente sfruttabili, alla fine tutti i debiti sarebbero stati ripagati. Ad ogni modo, ecco le conseguenze della vita organizzata produttivamente:
- La persecuzione dei renitenti col dominio delle élite;
- L’uso della strategia della lotta di classe;
- Le brutte condizioni di vita;  
- Il contentino, in termini di diritti;
- Il finto e fugace appagamento sessuale (perverso);
- Il trattamento da animali da allevamento/esperimento.

Siamo dunque in balia dello stato che ha voluto fare “terra bruciata” attorno all’individuo e renderlo dipendente dal consumo, così per compensare.

Il comunismo ha avuto tre momenti nella storia:
FASE 1: quella rivoluzionaria, contro il capitale;
FASE 2: quelle socialdemocratica, con l’organizzazione della manodopera;
FASE 3: quella neoliberista, i nuovi diritti del consumatore ideale.

A questi mali si possono proporre delle soluzioni:
- il farsi piccoli ad ogni tentativo di sorveglianza (spesso statale) – questo si rifà al precetto epicureo del “Vivi di nascosto” (Λάθε βιώσας, làthe biòsas);
- Il non omologarsi, il non livellarsi;
- Guardare alla narrazione come al contrario di ciò che è necessario fare;
- Il ricorrere all’uso difensivo del silenzio.

A TerraOstile, Tristano Destinato e galahad il gentile piace questo messaggio.

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