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Acton Bell
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Aristofane: discorsi di pace [WIP] Empty Aristofane: discorsi di pace [WIP]

Lun Apr 01, 2024 12:52 pm
La sezione è un "work in progress" perché Aristofane ha dedicato al tema della pace varie commedie (La Pace, Gli Acarnesi, Lisistrata). Esse sono a tratti scurrili per arrivare ai più e suscitare ilarità a basso costo; ma  spesso ciò accade perché certi personaggi provengono da uno strato sociale non acculturato e incapace di pensieri elevati; ad esempio, quando il tono del ragionamento è serio, ad esempio in bocca ad un Dio, non c'è rozzezza ma rievocazione di uno stato idilliaco o di più alti concetti. Allora, una volta sollevato il velo dell'apparenza dalla battuta, la poeticità e la sensatezza del messaggio si affacciano sulle pagine e sono tali da meritare la lettura ed apprezzarne le intenzioni.

- Trascrizione del discorso di Ermes dalla commedia La Pace:

ERMES: "Guarda come le città chiacchierano tra di loro riconciliate, e si divertono e ridono. [...] Vedi il fabbricante di elmi come si strappa i capelli? [...] E il fabbricante di falci come se la gode e prende in giro il fabbricante di lance?
TRIGEO: "Certo, splendida è la vanga equipaggiata, e anche i rastrelli scintillano al sole. I filari si gioveranno bene di loro. E anch'io, per conto mio, desidero tornare nei campi e lavorarli con la zappa dopo tanto tempo! Ricordatevi, amici, l'antico modo di vita, quello che un tempo la Pace ci offriva: la frutta secca, i fichi, il mirto, il dolce mosto, le viole accanto al pozzo, gli olivi che rimpiangiamo." [...]
ERMES: "Saggissimi contadini, [...] fate bene attenzione alle mie parole se volete sapere come [la Pace] è stata perduta. L'inizio è stato l'incidente di Fidia; poi Pericle; temendo di trovarsi coinvolto nella sua disgrazia, perché conosceva bene la vostra indole e la vostra abitudine di mostrare i denti, insomma prima di trovarsi nei guai, incendiò la città con la scintilla del decreto su Megera, e soffiò un tale vento di guerra da far lacrimare con il fumo tutti i Greci, quelli di là e quelli di qua. Così, una volta che involontariamente una vigna s'è messa a crepitare e un'anfora urtata a prendere a calci un'altra anfora, in preda alla collera, non c'era più nessuno in grado di fermarli. E la Pace è scomparsa. [...] Quando le città sottomesse vi videro mostrarvi i denti gli uni con gli altri, inferociti, cercarono ogni espediente per non pagarvi i tributi, e piuttosto corruppero col denaro i magnati spartani. Quelli, venali e falsi come sono verso gli stranieri, turpemente cacciarono la Pace e si presero la guerra: il loro profitto fu il male dei contadini perché, a loro volta, le nostre triremi, per rappresaglia, presero a mangiare i fichi di gente che non aveva nessuna colpa. [...] Poi quando la massa di contadini si rovesciò dalla campagna, senza capire, si ritrovò venduta allo stesso modo; trovandosi senza neanche vinaccioli e amando assai i fichi, stavano a guardare agli uomini politici; e questi, ben conoscendo la debolezza e la mancanza di cibo dei poveri, cacciarono a forconate di discorsi la dea [la Pace] che spesso per nostalgia faceva capolino nella nostra Terra."

Ermes illustra come in fondo la guerra si sia tradotta in uno svantaggio generale soprattutto per la quotidianità delle persone: il ciclo della vita, rappresentato dalla terra e dal lavoro dei campi, si è interrotto per favorire il mercato di armi, la morte, la distruzione, l'inaridimento della terra stessa, la scomparsa di una vita che garantiva abbondanza ai greci di qua e quelli di là (cioè, ad entrambi gli schieramenti). Il tema del mercato è ripreso più tardi perché al ritorno della Pace, i mercanti di armi perdono il lavoro. Si ritorna, anche economicamente, a favorire la vita con le sue produzioni. Il secondo punto sollevato all'interno di questo discorso è che la Pace non è propriamente sparita; piuttosto è stata cacciata a causa delle collere degli uomini, dalle loro meschinità, dai loro interessi spiccioli, innescando una sequenza di ripicche per determinare chi potesse spuntarla. In sintesi, anche la pace, come la terra, è un qualcosa da coltivare giorno per giorno: non ci si può aspettare che sia lì per statuto. Solo attraverso un lavoro di amore e impegno sarà possibile goderne i frutti.
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